Animalisti poco animalisti

martedì 14 giugno 2011 03:38 Pubblicato da Unknown
Riceviamo e volentieri pubblichiamo le osservazioni di Franco Libero Manco. Aggiungo che a mio modesto avviso in Italia non c'è una vera cultura dell'associazionismo, del lavoro di squadra. E' un gran fiorire in tutti i campi di condomini litigiosi, forieri di calunnie e di distinguo che strada facendo perdono anche la comune finalità. In teoria si dovrebbero superare antipatie personali e giudizi proprio per il raggiungimento dello scopo, che per noi è soccorrere gli animali. Chi ci rappresenta conta molto su questa mancanza di intenti e i risultati si vedono. Entrare in una associazione o fondare una associazione per fare i guastatori è quanto di più deleterio ci sia. Fa perdere la fiducia innanzi tutto nelle associazioni, in un discorso generale. E' chiaro che nessuno è perfetto e che la polemica può servire a migliorare, ma sempre nel rispetto delle persone che in fondo, poco o tanto, offrono il loro tempo e le loro forze al di là degli impegni lavorativi e familiari. Dovremmo invece lavorare per smussare le polemiche e unirci in vista di comuni battaglie. Il grande momento di unità che c'è stato nel contrastare caccia libera non deve perdersi perchè già dall'altra parte fanno i furbi e allargano le maglie in favore dei cacciatori costringendo le associazioni a presentare ricorsi su ricorsi. Nella terra del famigerato Orsi addirittura volevano insegnare la caccia a scuola! Certo, il gioco di uccidere va insegnato da piccoli. L'origine della nostra mancanza coincide forse con l'assenza del senso di collettività che altri paesi hanno e che in noi difetta. Se in America hanno capito che c'è bisogno del lavoro di squadra per vincere qui trionfa il personalismo. Siamo tutti Marchesi del Grillo. Ma da soli non si va lontani. Infatti i risultati si vedono. Non a caso quando si muove l'opinione pubblica qualche risultato si raggiunge. Il nostro è un paese poco attento dove fasce di popolazione sono andate regredendo culturalmente seguendo la cultura dell'appaio dunque esisto propinata da mamma tv. I raid di certe televisioni sul maltrattamento animale non hanno intaccato la cultura contadina che continua ad ammazzare i cuccioli, a tenere il cane a catena corta, a non dare cibo perchè tanto se lo trovano ecc. Su questo si è fatto veramente poco aiutati dall'assenza cronica di interventi di forze dell'ordine e magistratura. Le condanne previste dalla leggi non sono la norma, ma l'eccezione. Ad esempio ricordiamo la fine a tarallucci che ha fatto l'orrore di Cicerale. Caliamo il velo sui tagli che hanno provocato un aumento pauroso di randagismo felino e canino. Sospettiamo che la solita mente pietosa tirerà fuori la soppressione per risolvere un problema che negli anni hanno fatto diventare ingestibile a causa delle mancate sterilizzazioni previste dalle leggi. Da qui come un circolo vizioso nasce la voglia di tornare a vivere e lasciar perdere tutto. C'è chi veramente ci ha rimesso salute e vita aiutato dalle persecuzioni che regolarmente colpiscono tanti volontari da parte di enti locali e asl che con la faccia tosta dell'immunità garantita se ne infischiano delle leggi. Tanto proprio per la loro faccia tosta sono rieletti. E torniamo al punto di partenza.

Roberta Ratti, LIDA Roma

ANIMALISTI POCO ANIMALISTI
“La messe è tanta ma gli operai sono pochi” (Mtt 9,37).
Franco Libero Manco

C’è chi si rifiuta di guardare immagini di animali maltrattati, chi inorridisce alla scena di una corrida, chi rinuncia alle ferie pur di non separarsi dal suo animale, chi si priva di una cena con gli amici pur di acquistare i croccantini più costosi per i suoi gatti, e l’elenco potrebbe continuare. Ma se da una parte cresce a il popolo di coloro che hanno acquisito sensibilità animalista, dall’altra il gruppo degli attivisti soffre di assenteismo cronico e succede che nelle manifestazioni di piazza si ritrovano sempre i soliti “quattro gatti”.

Nella maggior parte delle manifestazioni per i diritti degli animali organizzate dalle varie associazioni animaliste, mettere insieme 30 persone è impresa ardua. Tutti bravi a parole, tutti pronti a sdegnarsi, tutti disponibili ad aderire moralmente, ad appoggiare per iscritto e sottoscrivere le iniziative (tanto non costa nulla), tutti prodighi di consigli, di suggerimenti, di progetti e iniziative (che altri dovrebbero realizzare); ma nel momento del bisogno si assiste ad uno sconfortante astensionismo: pochi si presentano all’appello a quei sporadici appuntamenti; troppi fanno capolino solo quando non hanno di meglio da fare o arrivano abitualmente a “pietanza scodellata”perché magari non condividono alcune sottigliezze dell’associazione organizzatrice e gli organizzatori spesso subiscono una sorta di scoraggiamento e solitudine a causa della mancanza di forze sul campo. Ma quando in una battaglia uno rifiuta di portare il suo peso il carico di chi manca cade sui presenti.

Ognuno ha i suoi problemi, i suoi impegni, le sue giuste scusanti, i suoi buoni motivi: c’è chi doveva accompagnare la zia in ospedale, chi aveva un appuntamento col dentista, chi ha dovuto portare il gatto dal veterinario, chi si dimentica e chi non sapeva (?) dell’iniziativa, Certo ci sono impegni non procrastinabili e imprevisti, ma su dieci mila invitati trenta persone sono sintomo di penuria.

Manca la volontà vigorosa, forte e risoluta di chi sente e fa sua la causa del bene. Tiepidi siamo e senza la responsabilità della missione. Aspettare passivamente che siano gli altri a realizzare quel mondo che in teoria tutti vorremmo è da lassisti. Solo chi è disposto a sacrificare parte del suo tempo, dei suoi interessi personali, sente veramente la profondità, l’ampiezza e l’importanza della nostra missione, ma soprattutto percepisce il dramma, la desolazione ed il terrore degli animali che implorano inascoltati e che in ogni istante vengono trucidati dagli umani, perché il nostro movimento non ha ancora la forza necessaria per incidere in modo determinate sulla devastante cultura antropocentrica.

Avere la conferma di molti e ritrovarsi in pochi scoraggia e avvilisce e i pochi presenti sanno che arrendersi alla voglia di mandare al diavolo tutto e tutti significherebbe abbandonare il campo nelle mani del “nemico” e che a pagarne le conseguenze sarebbero sempre gli innocenti, gli animali, e restano: urlano anche per chi manca, invece di un cartello ne portano due, invece di due ore ne restano 4 sotto il sole, rinunciando spesso ad un periodo di svago, ad una cena, ad una festa. Se fosse il loro cane o il loro gatto ad essere la vittima di turno del macellaio o del vivisettore certo troverebbero il tempo per essere presenti; ma pare che per certa gente c’è una differenza di valore e di peso tra i cadaveri. Coloro che mettono al primo posto i propri problemi non sentono veramente l’importanza della partecipazione fattiva ed io ritengo che non ha diritto ai benefici chi non ha contribuito alla vittoria.

Alla base di ogni conquista sta il sacrificio e la rinuncia. C’è forse qualcosa di più bello e di più costruttivo della consapevolezza di aver contribuito alla realizzazione di un mondo migliore? di aver collaborato a risparmiare sofferenza agli innocenti? Nulla è al di sopra di un grande ideale.

Noi siamo portatori di una nuova etica, di un nuovo senso di giustizia. Il nostro grande progetto, che supera lo steccato antropocentrico e annuncia al mondo una nuova civiltà, la civiltà dell’amore universale, ha bisogno di gente volitiva, colma di passione ed entusiasmo, di voglia di cooperare, di lottare, di far proprio il destino collettivo, in grado di percepire il grido di dolore del bambino affamato della Nigeria come del criceto incatenato sul banco del vivisettore. Lode dunque ai pochi indomabili folli che non si stancano di operare: senza di essi nessuna associazione esisterebbe.

Questa nostra grande rivoluzione morale, civile e spirituale ha bisogno di gente che sia disposta non solo a sacrificare parte del proprio tempo e dei propri interessi ma, se occorre, anche la propria vita, diversamente aspetteremo che l’evoluzione compia il suo lento ed inarrestabile corso, anche senza il contributo dei tiepidi.

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